Intelligenza artificiale e giornalismo a Glocal a Varese

L’intelligenza artificiale spaventa i giornalisti e a buon motivo. È questa la sensazione che è venuta fuori, netta, dai giorni di corsi/convegno organizzati da VareseNews in occasione di Glocal, il festival del giornalismo di Varese che richiama moltissimi professionisti della penna da tutta Italia.

“Pericolo” Intelligenza Artificiale

In ordine sparso ecco le preoccupazioni principali dei giornalisti rispetto all’IA:

  1. Il timore di poter essere sostituiti da sistemi automatici di elaborazione degli articoli.
  2. La veridicità dei risultati che l’IA restituisce in maniera un po’ troppo temeraria (durante i convegni ci sono stati esempi buffi quanto preoccupanti).
  3. L’arbitrarietà con cui l’IA sceglie i risultati da proporre come risposta alle richieste che non sempre danno un riscontro equilibrato e vera alla domanda posta.
  4. La necessità di essere molto competenti di un argomento per potersi affidare alla scrittura dell’intelligenza artificiale. 
  5. La necessità di dover verificare i dati forniti dall’intelligenza artificiale perché le fonti non sempre risultano certe.
  6. L’incapacità di utilizzare gli strumenti di IA che si evolvono di continuo e si fa fatica a seguire.

Per certi versi è un po’ come quel che è accaduto qualche anno fa con la trasformazione digitale. Interi settori di lavoro sono stati spazzati via anche solo nel settore giornalistico. Le fotografie non si sviluppano più, impaginare un giornale è lavoro che può essere fatto da un solo computer che tira fuori direttamente il file da mandare in tipografia.
È stato un male questo? Certamente ha tolto posti di lavoro e la velocità con cui queste trasformazioni avvengono non danno il tempo agli operatori di “vecchie” professioni per reinventarsi. Di fatto si produce molto di più e molto più rapidamente.

Lo scoglio cui aggrapparsi appare essere solo la competenza (leggi: professionalità) dei giornalisti nel distinguere le notizie degne di questo nome nel mare torbido delle troppe sollecitazioni. 
Ma cosa fare se poi le notizie di contorno sono più lette di quelle importanti?

L’impressione, intanto, per i punti citati in precedenza, è che fra un anno saranno già superati rendendo vecchio e decrepito tutto quel che ci siamo detti oggi. Nel bene o nel male quei dubbi saranno risolti e sostituiti da altre preoccupazioni. Molte problematiche attuali mi paiono solo dei difetti di gioventù di un’intelligenza artificiale che, mediamente, cresce velocissima. 

L’intelligenza artificiale cresce veloce anche perché si allena rapidamente divorando letteralmente scritti di ogni tipo. I grandi gruppi editoriali come Gedi e RCS, Repubblica e Corriere, per capirci, hanno fatto accordi per dare accesso ai propri archivi per far crescere l’IA. 

Sarebbe inevitabile anche senza mettere quelle fonti, ma voler capitalizzare rapidamente è un modo che fa sentire bene certi volponi del guadagno frettoloso, pure senza pensare che domani saranno divorati proprio dalla creatura che hanno alimentato. Glielo abbiamo già visto fare e il giornalismo picconato dal marketing non è una novità.

Smarrimento vecchio stile

La difficoltà di trovarsi di fronte strumenti che non si sa come domare fa tornare in mente quei giornalisti che si ostinavano a usare la macchina da scrivere a computer inoltrati. Ma se mi sento benevolo verso quei vecchi tromboni che si ostinavano a riempire le sale stampa di ticchettii meccanici ingombranti, per poi far ribattere al computer a una segretaria rassegnata, provo maggiore fastidio rispetto a colleghi, anche con meno anni di me, che aspettano di ricevere a casa la formula magica dell’intelligenza artificiale. L’Ordine, va riconosciuto, si dà da fare a fornire strumenti, ma con una finestra che affaccia su tutto lo scibile umano ce la si può fare anche da soli. Siamo o non siamo bravi a trovare le notizie che servono?

Intanto continuiamo a lavorare sfruttando un bambino che impara in fretta. E probabilmente, domani, sarà un adulto più bravo di noi. 

Se c’è una sfida, ora, non è tanto fare le cose meglio dell’intelligenza artificiale, quella è una battaglia già perduta. Ma proprio nel tenere alta la nostra umanità.
Le persone “bevono” le notizie come una lattina di coca-cola e poi ne vogliono subito un’altra. Se riusciamo a farle soffermare su quel che scriviamo, stimolando l’immaginazione e dando idee, avremo speranza di essere imprendibili.
Questo è strettamente legato allo stato di salute del giornalismo. Altro tema di cui si è parlato a Glocal. Ma ne dirò altrove.

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