Mi sembrava un po’ buffo quell’uomo che vedevo vecchissimo col cappellino, la visiera all’insù e la faccia bonaria. Lo cercavano tutti e mio padre mi disse: “quello è Bartali, è stato un grande campione”.Annotai la cosa mentalmente e me ne dimenticai subito, mi piacque molto di più quando mio padre chiese a un corridore di quel Giro a cavallo tra 70 e 80 se potevamo sentire il peso della sua bicicletta. Riuscivo a sollevarla molto meglio della mia, che pure era da bambino o poco più. Poi partirono tutti per la tappa e io tornai a casa a cercare la mia bicicletta pesante.Di Bartali scoprii, anni più in là, quando anche la mia bicicletta si fece più grande e leggera e piano piano diventò ciclismo, battezzata con quel “esci da solo” che sentenziò un giorno papà stufo delle mie insistenze che non poteva sempre soddisfare con la sua compagnia.
Quel signore lì, che salutava e firmava, morì parecchi anni dopo, il 5 maggio del 2000. Una volta, addirittura, gli strinsi la mano, riconoscendolo finalmente.
In realtà quanto fu grande quell’uomo si scoprì solo alla fine del campione, pure immenso, che era stato. Quando si iniziò a parlare di cosa aveva fatto per salvare la vita a tantissimi innocenti durante la guerra, travestendo con i suoi allenamenti dei viaggi di speranza.
Il tributo di questo video è molto bello, consiglio di vedervelo con calma.
“Se noi riusciamo a motivare un piccolo numero di persone o anche una sola a fare qualcosa, non per se stessi ma per gli altri, io penso che sarà già un successo” commenta nel finale Dan Craven, il ciclista intervistato.
(e ringrazio Paolo Bozzuto per avermi fatto scoprire questo video):