Io e il tennis

Nel fascino che mi prende a seguire inevitabilmente i nostri tennisti spaziali, mi incuriosisco a leggere di volée, aces, rovesci a due mani e cose così.

Il fatto è che io di tennis non capisco davvero una mazza. Anzi, una racchetta (che pure avevo provato a maneggiare, la mia Maxima di legno).

È che poi sono salito in bici e ciao.

Mi divertivo a seguire McEnroe e Connors nelle loro incazzature tradotte al volo dalla favolosa Lea Pericoli su Telemontecarlo. Poi Lendl che “io ti spiezzo in due”, Chang con quella battuta assassina da sotto, Becker che stupì tutti. Ma quando in tv c’era il tennis io ero a pedalare. Non me ne pento, ma me lo sono perso completamente. Diritti TV io che alla fine sticazzi di spenderci soldi. E nomi che non sapevo più chi fossero, con poche eccezioni.

Per dire: Agassi l’avrò visto un paio di volte: nella prima mi sembrava Scialpi. Alla seconda non aveva già più i capelli.

Poi ‘sti qui di oggi. Pazzeschi, e pure simpatici, bravi. Niente cliché del tennista egoista, incazzoso e un po’ stronzo. Invece che bello, pare che i Medvedev siano in estinzione.

Ecco, mi fermo qui. Che l’unico tennis in cui me la cavavo un po’ (ma giusto rispetto alle mie sorelle) era questo qui. Con il fascino di interagire con lo schermo tv. L’aveva portato papà dall’America, quella che so’ forti. Pura magia allora.

Ecco io rispetto al tennis attuale sono ancora con quel giocatore a parallelepipedo che muovevo con la manopola e mi restituiva un suono cupo.

Continuatene a parlare voi che così imparo qualcosa

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